Il Rituale
di Spartaco Mencaroni
Delle molte cose che Dana aveva dovuto affrontare, nella nuova vita che si era scelta, il Rituale della Coscienza rappresentava per lei la difficoltà più grande. Era la prova decisiva, per essere ammessa fra le Iniziate, e aveva sempre fallito. Sospirando, si accinse a tentare ancora: socchiuse le palpebre, lasciando che il riflesso dorato del sole, rimbalzando sulle antiche pietre del Simbolo, scintillasse attraverso della sottile fessura dei suoi occhi, prolungandosi in lunghe linee ambrate.
Nel mondo degli Eolin, persino la luminosità naturale sembrava aver assunto il colore della resina della vita: la giovane apprendista si lasciò inondare da quel bagliore e si concentrò sulle proprie emozioni, scendendo in profondità nella consapevolezza di sé, fino ai più remoti meandri del proprio io. La luce riempiva il suo animo, come avrebbe fatto un liquido, frugandone ogni anfratto e svelando il più insignificante brandello di pensiero. La ragazza percepiva la presenza di numerosi Eolin, maschi e femmine, che osservavano il rituale in un rispettoso silenzio. Non le importava che potessero vedere il suo corpo nudo, riverso sulla pietra fredda: in quel momento tutto il suo essere, esposto allo splendore della Vera Luce, veniva scrutato ad un livello di intimità così totale, al cui confronto la mancanza di intimità fisica rappresentava un dettaglio insignificante.
La sua voce la raggiunse all’improvviso, ed anche questa volta esplose da un punto imprecisato della sua coscienza, come se l’Eolin, suo maestro e suo sposo, si trovasse contemporaneamente dentro e fuori di lei:
- Chi sei? – domandò colui che adesso, pur amandolo con tutta sé stessa, riusciva appena a riconoscere.
- Io non sono. – rispose. La luce crebbe di intensità, inondando di oro splendente la mente di Dana.
- Cosa desideri? – continuò la voce.
- Non ho desiderio.
L’universo intorno a lei si espanse in un oceano dorato di estasi purissima.
- E chi ricordi? – proseguì l’Eolin, con l’intensità di un immenso diapason.
La ragazza esitò, consapevole che non aveva alcuna possibilità di mentire. Percepiva chiaramente il battito del cuore che le martellava nel petto: il suo suono discordante e caotico distruggeva l’equilibrio dei sensi, sbriciolando l’armonia soprannaturale che stava per esploderle dentro. Dana si aggrappò a quella promessa di beatitudine, agognando l’estasi perfetta che le sfuggiva nuovamente: il dolore di quella perdita le divampò nell’anima, facendola contorcere e urlare sul pavimento di pietra, improvvisamente buio e freddo. Subito lui le fu vicino: le sollevò la desta, aiutandola a respirare, e l’avvolse in una vesta candida, sostenendola mentre tremava con violenza.
- Marid? – domandò il giovane, abbracciandola più stretta.
Dana annuì, singhiozzando.
- Non riesci a dimenticarlo, vero?
- No. – riuscì a rispondere lei, posando il capo sulla spalla forte dell’Eolin a cui si era donata in eterno. – So che smarrire il suo ricordo è la via per giungere ad amarlo davvero: ma è più forte di me.
- Ci riuscirai. – le disse lui, carezzandole teneramente i capelli. Intorno alla coppia, gli altri annuivano solennemente, osservando con tenerezza i due amanti che rimanevano dolcemente abbracciati sul pavimento, a pochi passi dal Simbolo: non provavano vergogna, non serviva alcuna discrezione. Quel loro amore apparteneva a loro due e alla comunità allo stesso tempo, come la resina, la musica, o la magia. Lei lo aveva imparato da tempo, la sua mente stava iniziando a considerare quel modo di vivere e di pensare come naturale e spontaneo: ma la sua natura umana costituiva ancora un ostacolo.
- Riproviamo? – domandò la ragazza, guardando negli occhi il suo sposo.
- Per oggi no, Dana: hai già sofferto molto, potrebbe far male al bambino.
http://wizardsandblackholes.it/?q=gliuominidoro