Salvatore Di Sante
Gregor
di Salvatore di Sante
Jim sentì il tonfo e si sporse di scatto oltre la fila di armadietti. La sorprese col pugno ancora serrato e gli occhi velati di lacrime; un accenno di canini le scendeva dal labbro.
- Che hai Guen, che succede? - disse lanciando un'occhiata al pezzo d'intonaco che si era staccato dalla parete.
Non si aspettava di trovarlo lì, credeva che i colleghi se ne fossero già andati tutti. Aveva riposto il distintivo e la camicetta dell'uniforme ed era rimasta in reggiseno.
Dopo qualche istante di esitazione decise che il suo ragazzo doveva sapere.
- Il cadavere scoperto oggi... - bisbigliò.
- Il vampiro. Sì, e allora?
- Aveva una «G» tatuata sul braccio...
- Non ci ho fatto caso, cosa significa?
- Sta per Gregor.
- Azzo! - sbraitò di colpo Jim. No, scusa piccola: ho dimenticato a casa la chiave dell'armadietto... un'altra volta... di 'sto passo mi fumerò uno stipendio in lucchetti...
Guen sorrise. Era di nuovo riuscito a sdrammatizzare e a tirarla un po' su, anche se in modo comico e del tutto involontario.
Jim si guardò un attimo intorno, poi al sicuro da sguardi indiscreti strappò il lucchetto con uno strattone.
- E chi è Gregor? - le chiese poi lanciando il blocchetto d'acciaio nel cestino, a mo' di tiro a canestro.
Guen tornò seria e un'ombra le passò sul viso. - Stavo con lui prima di mettermi con te. E' lui che mi ha trasformata. Credo mi stia cercando.
- Non gli permetterò di farti del male.
- Tu non lo conosci! - urlò lei. - E' troppo forte per noi due.
- E per noi tre invece? - esclamò Alex facendo capolino dagli armadietti.
http://www.wizardsandblackholes.it/?q=17
Toccata e fuga al Coast to Coast
di Salvatore di Sante
Il commissario Naspetti bofonchiava chino sul verbale ripetendo l'ultima frase per convincersi che suonasse bene, oltre che riportare fedelmente le circostanze dell'arresto. Odiava perdere tempo con le scartoffie, specialmente quando si trattava di un pesce piccolo.
- Posso? - Guen si affacciò nella stanza bussando piano.
- Entra. - Naspetti le rivolse con noncuranza un gesto della mano, continuando a ragionare sul manoscritto (non era molto pratico di computer e per sicurezza faceva sempre una stesura su carta prima di digitalizzare il tutto).
- Uhm... dunque... l'agente Baldini ha sparato... no, ha esploso tre colpi in aria intimando di fermarsi... Ecco. Oh, scusa - disse poi alzando lo sguardo e appoggiando la biro sulla scrivania - dimmi.
- Volevo ricordarle che domani ho preso la giornata libera.
- Sì sì me lo ricordo. Ah! - la bloccò che si era già voltata e impugnava la maniglia.
- Sto scrivendo il verbale per quel tossico di Alessi che abbiamo arrestato stamattina. Ci ha detto dove trovare il complice.
- Terenzi? - fece Guen.
- Esatto. Fa il barista al Coast to Coast tutte le sere dalle sei.
- Ok, ci vado subito e lo porto qui.
- Intero mi raccomando...
- Sissignore! - e sorridendo scomparve
Il capellone che la vide scendere dalla mastodontica Guzzi con la livrea bianca e blu la spogliava con gli occhi a ogni passo che faceva. Guen gli sorrise ed entrò nel bar dribblando due Harley parcheggiate malamente.
- Salve ragazzi. Polizia. Dov'è Luca Terenzi?
Nessuno rispose. Tutti la fissavano: chi divertito, chi eccitato e chi arrabbiato
- Ehi bambolina non sei un po' troppo giovane per giocare ai poliziotti? - era il tipo seduto fuori che adesso le stava alle spalle.
Senza scomporsi Guen gli appiccicò sul naso il distintivo contraffatto.
- Forza, non ho tempo da perdere. Tra poco finisco il turno e gli straordinari non me li pagano quindi... dov'è?!
- Te lo dico se ti fai offrire da bere - un troglodita con una camicia senza maniche unta di grasso di motore si era staccato dal bancone con una Bud in mano e le si era avvicinato gonfiando il petto, esibendosi in una camminata da duro.
- Grazie ma non bevo in servizio - rispose Guen accentuando un sorriso ipocrita.
- Allora perché non mi offri tu qualcosa... - ghignò il tipo allungandole una mano verso i fianchi.
Guen scattò e gliela strinse in una morsa. - Giù le zampe! - ringhiò. Le iridi guizzarono di un lampo giallastro. Strinse finché il ceffo non iniziò a urlare, poi mollò la presa. L'energumeno barcollò indietro per qualche passo poi le ruppe in faccia la bottiglia di birra.
Guen incassò senza un gemito e tornò subito a fissarlo. I tagli rossi sul viso si chiusero in un istante e la pelle tornò di porcellana come se non fosse successo niente.
- Bene. Aggressione a Pubblico Ufficiale. Questo mi autorizza a reagire. - colpì il tizio col palmo della mano scaraventandolo contro le mensole dei liquori che rovinarono a terra in una pioggia di legno e vetro.
A un secondo ceffo bloccò la stecca da biliardo a mezz'aria, gliela ruppe in testa e con un calciò lo spedì attraverso la finestra a ruzzolare malconcio nel parcheggio polveroso.
- Che cazzo succede qui? - da una porticina nascosta dalla tappezzeria sbucò un ciccione pelato col pizzetto, gli occhiali scuri e una bagascia in topless alla cintura.
- Luca Terenzi, il tuo amico ha confessato. Sei in arresto per spaccio di cocaina. E a quanto pare... - aggiunse Guen squadrando la signorina - anche per favoreggiamento della prostituzione.
- Ma succhiami l'uccello! - berciò Terenzi facendo apparire dal cilindro un fucile a canne mozze e spintonando via la dolce metà.
Sparò e pompò fino a svuotare il caricatore. Centrata dai pallettoni, fu fatta letteralmente volare contro il muro; frantumò due quadri e scivolò sul pavimento lasciando una scia rossa sulla parete.
- Affanculo! - esclamò Terenzi soddisfatto. Stava per tornare alla saletta privata a riprendere il divertimento quando un rumore e un presentimento lo fecero esitare.
Si voltò e si ritrovò Guen a due centimetri dalla faccia. Troppo tardi per abbozzare una reazione: strabuzzò gli occhi e rantolando stramazzò a terra senza fiato, afflosciato da un montante fulmineo.
Guen lo prese per la cintura e si affrettò verso l'uscita. - Lo porto in centrale, è in arresto. Si fermò un attimo. - Il dipartimento le rimborserà i danni al locale. - disse al barista con voce piatta. Quello continuò a guardarla attonito.
- Cazzo, che stupida! - sibilò una volta uscita, guardando la Guzzi.
Per fortuna un pick-up fosforescente addobbato con sgargianti lingue di fuoco le inchiodò davanti in una nuvola di polvere.
Guen sorrise fra sé. - Requisisco il veicolo per un'azione di polizia - comunicò al conducente appena sceso. Vedendo l'uniforme costellata di fori grandi come palle da biliardo e Terenzi tenuto come una borsa della spesa, quello tremando le lanciò le chiavi del furgone.
- Tu prendi la mia moto e seguimi al commissariato!
Il tizio annuì come uno zombie, sotto lo sguardo dei pochi avventori rimasti che si erano accalcati all'ingresso.
http://www.wizardsandblackholes.it/?q=17
Un bel volo
di Salvatore di Sante
- Sento i rami che frusciano. Toh! Uno scoiattolo!
Jim, alla guida, sorrideva. La Viper filava veloce sui tornanti. La sbirciava, felice e divertito.
- Che figata! Non mi ero mai accorta di come si acuissero gli altri sensi. Oh, arriviamo? Mi sembra una vita che siamo partiti...
- Quasi, manca poco. Ho voluto farti una sorpresa. Hai preso sempre un giorno di ferie a ogni mio compleanno, per starmi vicina e volevo ringraziarti.
- Non voglio ti succeda niente. E poi sono ancora più forte di te.
L'aria frizzante le portava aromi di prati fioriti ed erba appena tagliata.
- Eccoci. - esclamò Jim. Il muscoloso dieci cilindri si ammutolì, lasciando la scena al sibilo del vento tra le insenature e le chiome degli alberi.
Guen si tolse la benda e subito si illuminò in un sorriso.
Scese dall'auto e si sporse dallo strapiombo. Di sotto, a un centinaio di metri, un fiume formava una pozza che sussurrava di mille barbagli dorati. Tutto intorno si estendevano grandi blocchi di pietra levigati, una passerella naturale abbellita da sprazzi di verde.
- Sarà la nostra laguna privata, - disse Jim. - Ti piace?
- E' bellissima. - rispose Guen.
- Sono venuto qui altre volte, a fare dei sopralluoghi. Ci si arriva solo calandosi da un elicottero. Col paracadute non è il caso, il corridoio di roccia è molto stretto.
- L'acqua è abbastanza profonda?
- Sì. Ho guardato su internet e per sicurezza ho telefonato anche alla Forestale.
Senza aggiungere altro Jim tornò alla macchina e prese uno zaino dal bagagliaio.
- Che c'è dentro? - chiese Guen.
- Sorpresa. Allora, andiamo? - ammiccò Jim indicando il burrone con un cenno del capo.
- A quest'altezza sarà una bella botta. Sicuro di essere pronto?
- Vedremo. Al massimo stai pronta tu a mordermi, se vedi che i miei poteri non bastano...
Rimasero qualche istante in silenzio. Anche il vento si era fermato. Jim le prese la mano e piantò i suoi occhi azzurri in quella nocciola di lei.
Guen annuì, seria. Jim annuì, sorridendo.
Il volo sembrò infinito. La colonna di spruzzi esplose come un geyser, stormi di uccelli spiccarono il volo in un frenetico frullare d'ali.
Riemersero respirando affannosamente e boccheggiando rumorosamente, ammantati da un freddo sepolcrale.
***
Sempre per mano, ancora uno accanto all'altra, stavano supini su un masso piatto e liscio. Lui coi boxer e lei in mutandine e reggiseno, i vestiti appoggiati lì a fianco ad asciugarsi al sole.
- Non mi sono rotto nulla - esultò Jim. - Sai... - riprese poi in tono grave - a volte penso... che un giorno forse non la spunterò. Cioè, non è detto che sia scontato sopravvivere e aumentare i poteri...
Guen si mise su un fianco e gli scoccò un bacio morbido sulla guancia.
- Sono delle prove? E' un percorso già stabilito? E dove mi porterà? Oppure è una condanna e una di queste sciagure prima o poi mi ucciderà? - disse Jim.
- Finché ci sarò io non morirai, te lo garantisco. Al massimo ti faccio diventare un vampiro... - scherzò Guen.
- Com'è successo a Naspetti... - sussurrò Jim.
- Eggià. - bisbigliò lei sorridendo e continuando a guardarlo, girata sul fianco.
La biancheria bagnata le si appiccicava addosso, mezza trasparente.
Jim si guardò attorno: che qualcuno potesse vederli era fuori discussione, ma scacciò il pensiero. Scattò in piedi e prese lo zaino.
- Ah... Adesso vediamo cosa c'è lì dentro, - fece Guen.
Jim estrasse una bandierina e andò a incastrarla in un mucchio di pietre. «Reame di Jim e Guen» c'era scritto con un pennarello nero.
- Ecco. Come ti ho detto, d'ora in poi questo sarà il nostro regno.
Guen rise, mentre Jim continuava ad armeggiare nello zainetto. Tirò fuori una busta di plastica sigillata e cominciò a disporne il contenuto.
- Dai... dopo quel volo è ancora tutto sano... - esclamò Guen raggiante.
Come ultimo tocco sistemò il bouquet di margherite e violette tra i calici. E voilà, il pic-nic era servito: due tramezzini prosciutto e funghi, due con uova e maionese e una bottiglia di birra rossa artigianale.
- Brindo a un altro scampato compleanno, a questo posto meraviglioso e alla mia splendida fidanzata! - propose Jim.
- Cin cin! - esultò Guen. - Senti... - continuò - che dici se facciamo come Twilight(1) e corro su per il bosco portandoti in spalla?
Risero forte e vuotarono d'un fiato i bicchieri.
http://www.wizardsandblackholes.it/?q=17
(1) Twilight è un film del 2008 diretto da Catherine Hardwicke e sceneggiato da Melissa Rosenberg, adattamento cinematografico dell'omonimo romanzo del 2005 di Stephenie Meyer.
Volando col vecchio John
di Salvatote di Sante
Ronfava supino nella gondola, con la bottiglia di gin stretta in mano. Il cielo e il sole erano degni di una tela impressionista ma il vecchio John, inciuccato com'era, si perdeva beatamente lo spettacolo.
Come al solito toccava al fedele pappagallo Polly occuparsi del volo. John gli aveva insegnato a tirare la corda per sprigionare il fuoco e così, escursione dopo escursione, l'arguto pennuto era diventato un maestro nel gonfiare il pallone al momento giusto ed evitare che si schiantasse contro qualche montagna. Va detto, a onor del vero (di modo che Polly non si monti troppo la testa), che gli ordini da seguire non erano dei più complessi: l'affezionato padrone si raccomandava solo di mantenere integri il pallone variopintamente rattoppato e i suoi occupanti fino al risveglio del suddetto dalla quotidiana e inevitabile sbronza d'alta quota.
E come ogni giorno da mesi ormai, Polly stava facendo un lavoro egregio.
- Dobloni d'oro... corona incastonata di diamanti... - farfugliava John dimenandosi ogni tanto tra gli sbuffi e il russare; perché prima che l'ottuagenario John andasse in fissa con la mongolfiera, anche lui era stato un lupo di mare. Un pirata, per la precisione. Il classico filibustiere con tanto di tricorno, camicia sborsante, pantaloni a righe e scimitarra a penzoloni nella fusciacca; uno dei tanti che nel diciottesimo secolo aveva sperato e tentato di far fortuna cavalcando i flutti tra un arrembaggio e l'altro.
Il vecchio John stava appunto sognando un condensato dei suoi più ardenti desideri giovanili: un'ingiallita mappa del tesoro, un'isola sperduta e incantevole, un forziere sotterrato e una bella indigena in una capanna di palme.
Purtroppo la fortuna non aveva arriso al vecchio John e i suoi anni da pirata li aveva passati più che altro dietro le sbarre di qualche fatiscente prigione, in isole sì sperdute ma per nulla incantevoli.
Al povero John, miracolosamente giunto alla vecchiaia ma consumato da peripezie e vicissitudini prima e da frustrazioni, rimpianti e alcol poi, non restò che trovare un porto sicuro in una gioiosa infermità mentale a spasso tra le nuvole. Così radunò tutto quanto la sua carriera piratesca gli aveva fruttato e comprò una logora mongolfiera di seconda mano e un pappagallo parlante, lasciando da parte il necessario per rum, whisky e gin.
- Capitano capitano, guerra! - John si riscosse al gracchiare furibondo di Polly. Si rimise in piedi a fatica, rischiando più volte di volare di sotto.
Si stropicciò a lungo gli occhi finché non intravvide la grande testa di scimmia sul monte.
- Guerra guerra, Isola della Scimmia! - continuava a starnazzare Polly.
Incuriosito da uno strano bagliore accesosi tra la boscaglia, John allungò il cannocchiale e mise a fuoco, tenendosi precariamente in equilibrio.
- Per mille sargassi, Polly! - mormorò. - Che stregoneria è mai questa?!
Per un attimo pensò che fossero le allucinazioni di un ubriacone, così tolse l'occhio dalla lente, si risedette, fece due tre respiri profondi e rimase accucciato per qualche minuto.
Polly continuava a sirene spiegate, con gran spolvericcio di piume blu e rosse.
Si rialzò tenendosi questa volta saldamente al parapetto e inforcò di nuovo il cannocchiale.
Guardò e guardò ancora. Deglutì e continuò a guardare. Là sotto stava succedendo qualcosa di terribile. E là in mezzo, da qualche parte, doveva esserci anche il suo amico Jake.
http://www.wizardsandblackholes.it/?q=la_caccia
L'erede
di Salvatore di Sante
Port Luis, Palazzo Reale - 2 giorno del mese di gagarin, 24 anni prima di Mitòsis
Nella sala del trono fervevano i festeggiamenti e incombeva un'attesa carica di aspettative. I nani giocolieri roteavano biglie colorate in bilico sui monocicli, gli schiavi bianchi in abiti sfarzosi si trascinavano con le catene ai piedi tra la selva degli invitati, tenendo sopra la testa enormi vassoi d'argento ricolmi di ogni prelibatezza. Il chiacchiericcio sfumava in una melodia lentissima e perciò del tutto inadeguata, l'unica che potesse sgorgare dall'apparecchio col grande corno, residuato degli Antichi e bottino dell'ultima incursione dell'Esercito Reale ai danni dei Ribelli.
Re Joffer XII era stravaccato sull'imponente scranna con la guancia appoggiata al pugno, mentre il ritrattista lo raffigurava in sella a un pegaso corvino con la durlindana superbamente puntata verso Spegulo.
Un vagito dalla camera attigua pietrificò all'istante tutti quanti. Il ciambellano fermò la musica. I nani si sfilarono i monocicli da sotto il sedere abbandonando le variopinte sfere alla forza di gravità. Gli schiavi si immobilizzarono e si voltarono in direzione di quel pianto. Gli invitati smisero di masticare e imitarono gli schiavi. Il pittore di corte in preda a uno spasmo deturpò l'opera in corso con un lungo striscio nero.
Re Joffer schizzò dal seggio e irruppe come una folata di vento nella stanza.
- No no no Maestà - lo bloccò subito Axia, la levatrice. - Ci sono state complicazioni durante il parto, la regina è allo stremo ed ha assoluto bisogno di riposo - disse spingendolo fuori dalla camera e affrettandosi a mettere il chiavistello. - Dovete pazientare almeno 48 ore Sire, per il bene del bambino e di vostra moglie. - gli urlò da dietro la porta.
Re Joffer esitò un attimo, poi sbuffando tornò alla sala del trono.
- Chi vi ha detto di smettere? Avanti coi festeggiamenti, forza! - sbraitò.
La musica riattaccò, i giocolieri inforcarono di nuovo i monocicli, gli schiavi ripresero a vagare apaticamente e gli invitati finirono di masticare i bocconi in sospeso. Martin il pittore invece osservava sconsolato il suo quadro, spremendosi le meningi su come rimediare all'errore.
Per il momento il pericolo era scampato, ma dovevano pensare a un piano.
Due giorni dopo...
- È un maschio? - esclamò rivolto alla regina Aoleon che lo fissava col volto imperlato di sudore.
- Sì, Vostra Maestà - tentennò Axia tenendo il frugoletto al petto, ben avvolto nella coperta.
- Un erede! - esultò Re Joffer XII. - Fatemelo vedere! - disse poi avvicinandosi. Ma la levatrice si ritrasse spaventata. Re Joffer XII rimase interdetto e lanciò alla moglie un'occhiata interrogativa. Aoleon distolse lo sguardo imbarazzata. Joffer XII si avventò sul fagottino, Axia urlando fece un passo indietro e la coperta scivolò in terra.
La regina urlò e fece per alzarsi. Axia rimase immobile guardando timidamente i due schiavi nell'angolo, nell'assurda speranza che potessero fare qualcosa.
Il sovrano cacciò un grido piegandosi sulle ginocchia, come scosso da un conato, col viso paonazzo e tremulo. La saliva gli sprizzava fra i denti digrignati, mentre con gli occhi iniettati di sangue cercava su chi sfogare la propria ira, le nocche bianche strette sull'elsa della spada.
- No! Ti prego... - supplicò Aoleon ancora stesa sul letto.
Il re partì brandendo la lama contro la levatrice e il principe neonato.
Uno degli schiavi si staccò dalla parete e si lanciò contro Joffer, riuscendo a bloccargli la spada e a placcarlo a terra. Mentre combattevano il re riconobbe Zantior, lo stalliere, che fece un fischio prolungato. Nel vano della finestra apparve nitrendo un pegaso grigio.
- Fuggi da tuo padre, presto! - gridò Zantior alla regina continuando a tenere a terra il re.
L'altro schiavo aiutò Axia e Aoleon a salire in groppa; le due donne e il pupetto volarono via stagliandosi contro la sagoma porpora della luna, dirette a Flacq, dal Duca Leon.
Nella concitazione della lotta il sovrano riuscì a estrarre un pugnale dallo stivale e lo piantò nel collo di Zantior. Il sangue sprizzava copioso, lo stalliere sentiva le forze abbandonarlo molto in fretta. Joffer lo scalzò via con un colpo di reni.
- Schifoso bastardo, è figlio tuo allora? - berciò sputando addosso allo schiavo agonizzante.
Il rosso del sangue sulla pelle chiara gli fece balenare la fugace visione del bimbo, di quel visino candido. Le barriere cedettero e la follia esondò: Re Joffer XII fece a pezzi Zantior menando fendenti su fendenti, continuando anche quando il poveretto era ormai già morto. Infieriva sul cadavere ansimando e leccandosi il sangue che gli schizzava sul viso.
- Inseguiteli! Mandate i Notturni! (1) - ordinò poi al drappello di guardie accorse per il trambusto. Quindi fece un lungo respiro e, ripreso il controllo, si avviò all'uscita.
- Ah... - disse fra sé colto da un ripensamento. Rientrò e tagliò la gola all'altro schiavo rimasto in piedi vicino alla finestra.
http://wizardsandblackholes.it/?q=23anniprimadimitosis
(1) I Notturni sono esseri umani a cui è stato impiantato il gene che conferisce alla civetta un'eccezionale visione notturna. Hanno occhi più grandi e con le iridi completamente bianche.